LA CITTA' E IL DIRITTO © Gianpiero Faedda |
Facoltà di Architettura di Alghero Corso in Pianificazione Urbana Territoriale Ambientale III ANNO - Blocco Giuridico- La Città e il Diritto Docente: Prof. Giovanni Lobrano Studente: Gianpiero Faedda |
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IL SISTEMA GIUSPUBBLICISTA ROMANO DELLA SOVRANITA' DEL POPOLO E LE SUE DEFORMAZIONI MEDIEVALI E MODERNE |
1-La “res publica” è essenzialmente democratica: contratto di società e popolo-universi cives. |
a. La lex, in quanto iussum populi, è la fonte del ius.
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b. I magistrati sono in protestate del popolo Seconda conseguenza è la natura del rapporto tra il popolo ed i magistrati: anche ciò è specifico del Diritto pubblico romano. Il rapporto di natura societariaè tra i cives, mentre il rapporto tra magistrati e popolo non è di natura societaria, ma neppure riconducibile al genus contrattuale è invece di natura potestativa. Il potere per eccellenza del popolo (universi cives, i Quiriti = i Romani) è la potestas, potere cioè su se medesimo. I magistrati non soltanto ricevono il potere dal popolo, ma essi stessi sono nella potestà del popolo, cioè i magistrati sono posti nei confronti del popolo sullo stesso piano dei figli di famiglia (filii familias) nei confronti del pater familias e sullo stesso piano dei servi nei confronti del dominus. Quindi tra il popolo sovrano ed il governo (magistrature patrizie e senato di ex magistrati) si stabilisce una ben chiara dialettica. E da Cicerone si possono estrapolare tre nozioni: i magistrati come esecutori servili (villici) della volontà popolare (servare leges) e, quindi, rappresentanti nel senso, però, non di rappresentanza della volontà, nozione quest’ultima estranea alla logica giuridica romana, ma di rappresentanza del potere nella esecuzione di quella volontà. |
c. Senza tribunato /tra popolo e magistrati) non c’è repubblica
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d. Innovazione e continuità della sistematica del Corpus Juris Civilis Il Corpus Juris Civilis, sintesi giuridica dell’Impero universale romano, resta fondato sul popolo: “I grandi giuristi del Digesto ammettevano una sola fonte dell’autorità politica nell’Impero: il popolo romano; gli stessi imperatori fino a Giustiniano riconobbero come vera questa teoria” così scrivono molti storici! Nel Corpus Juris non viene meno il fondamentale valore di riferimento della lex, come iussum populi, tra le fonti del diritto, né si modifica la connessa concezione del rapporto fra popolo e magistrati. La continuità operativa della identificazione della legge nella volontà del popolo è attestata dal Corpus Juris, che non solo la proietta sull’origine romulea (Romolo), ma l’afferma anche per il presente e per il futuro. Infatti la LEX continua ad obbligare solo in quanto espressione del giudizio del popolo, ma la dialettica costituzionale è, però, innovata, perché nell’Impero, da un lato le assemblee (i comizi) del popolo sostanzialmente vengono meno e, dall’altro lato, vi è il Principe. Comunque Giustiniano non dice che la volontà del Principe “è legge” ma che essa volontà “ha valore di legge” e quindi il Princeps le gibus solutus est, ciò nonostante dai contemporanei il Principe non è percepito come un avversario necessario del potere popolare. In conclusione il Principato non è la causa, bensì l’effetto o meglio il rimedio della crisi dell’istituto comiziale. La crisi della Repubblica nell’ultimo secolo a.C. è la crisi del rapporto popolo – città. Il rapporto più immediato fra popolo e città (messo a dura prova dalla tendenziale apertura del jus civivitatis a comunità e a singoli da parte del popolo Romano e da parte dei patres familias) scoppia realmente solo alla fine dell’evo pre – cristiano, quando i soci Italici (gli alleati dei romani), chiedonoed in parte impongono con la forza il perfezionamentodella loro qualità di soci del popolo romano con la estensione della cittadinanza romana. In altri termini è il perfezionamento della più ampia societas di popoli – città,costruita attraverso lo strumento dell’istituto federativo |
2- Gli strumenti medievali per la deformazione in senso aristocratico del sistema romano della sovranità del popolo |
a. Incompatibilità della logica feudale con la nozione giusromanistica di popolo
Per il pensiero giuridico dopo Giustiniano risulta particolarmente difficile riprendere dal Corpus Juris Civilis la nozione ed il ruolo del popolo, nonché, quindi, sia la nozione di repubblica come res populi sia la nozione di legge come iussum populi. |
b. La teoria del pactum subiectionis
La dottrina del contratto di dominazione o contratto di governo quale fondamento giuridico del potere statuale è ricavata da una lettura deformante delle fonti romane. E questa dottrina riceve un forte impulsoall’inizio dell’epoca moderna, dai cosiddetti monarcomachi. E’ in questo periodo che l’idea romana del contratto sociale viene oscurata e Lobrano insiste che il contratto sociale non è una novità moderna apparsa per la prima volta dopo e come sviluppo dell’idea del contratto di governo, ma ha la sua origine in epoca romana, non viene cioè introdotta ex novo, ma viene ripresa dal romanista ALTHUSIUS (1557 – 1638), il quale nel diritto romano trova non solo la nozione tecnica di contratto di società fra individui, ma anche la sua compiuta utilizzazione per dare ragione e della natura del popolo e di un sistema giuridico fondato a partire da esso. Ed è con questi che la nozione romana di contratto sociale viene affiancata alla nozione medievale di contratto di governo. Per ALTHUSIUS la collettività popolare è dotata di tutti i diritti di sovranità politica sopra i suoi membri ed applica, quindi, al popolo il preciso concetto di sovranità che considera inalienabile, imprescrittibile ed indivisibile. Senza popolo sovrano non si ha “res publica”. Ma la costruzione di ALTHUSIUS del popolo è federativa: egli individua la societas non solo fra gli individui, ma anche tra famiglie, municipi e province ed un particolare risalto dà al municipio. Ed infine con una trasposizione dal piano deontologico al piano ontologico giunge a considerare artificiosa la distinzione che fa BODIN tra forma di Stato e forma di governo, perché tutte le forme statali sono solo differenze nel modo di governo. Accanto al contratto di società ALTHUSIUS conserva però il contratto di governo – dominazione. Ed il SUMMUS MAGISTRATUS è legato al popolo da un contratto bilaterale fra consociazione del mandante e del mandatario, composto di due parti: COMMISSIO REGNI e prestazione del giuramento di obbedienza da parte dei sudditi. E la persistenza del contratto di governo – dominazione faciliterà al filosofo HOBBES l’operazione di individuare, col fondere i due contratti, direttamente nello stesso contratto di governo – dominazione l’atto di formazione del popolo, ma non come POPOLO UNIVERSI CIVES, ma come popolo – LEVIATANO. Cioè dello Stato – persona contemporaneo, che HEGEL (altro filosofo) teorizzerà due secoli dopo. La concezione leviatanica del popolo implica un balzo in avanti qualitativo e quantitativo della dottrina della rappresentanza politica. |
c. La teoria della rappresentanza del popolo: confusione e sostituzione di questa con il e al potere tribunizio
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LA VIA INGLESE DEL “SISTEMA RAPPRESENTATIVO” E I SUOI SVILUPPI CONTINENTALI |
1- La istituzione parlamentare e lo sviluppo della teoria della rappresentanza nella tradizione inglese. |
Il padre moderno della democrazia J. J. ROUSSEAU ignora sistematicamente la contrapposizione Germani – Romani per impostare nettamente l’alternativa costituzionale tra modello romano e modello inglese. Rifiuta il modello costituzionale inglese, pur ammettendo che esso sia il migliore fra quelli moderni. È invece ammiratore del popolo romano, dei suoi costumi, leggi e governo, così da proporlo a modello di tutti i popoli liberi. Rousseau è profondamente democratico in quanto è repubblicano ed è repubblicano perché ripropone il ius publicum dei Romani. |
2- Le interpretazioni dello ius publicum romano e la fondazione della scienza giurispubblcistica contemporanea |
a. Il principio: la convenzione tra uomini liberi ed uguali costitutiva della società pubblica Se i grandi temi del costituzionalismo contemporaneo sono stati posti all’ordine del giorno da M., è R. che produce la formula storico – dogmatica in grado di dominare congiuntamente le categorie costituzionali antiche (greche e romane), e medievali – moderne /germanico – anglosassoni) con i connessi istituti: è quindi solo con R. che nasce la scienza costituzionale contemporanea. Grande invenzione di R. rispetto alla scienza costituzionale del suo tempo sono la concezione del contratto sociale (concepito esclusivamente come costitutivo del popolo, del quale determina la nature, in quanto intercorrente tra i consociati e non tra il popolo ed i capi che esso scegli) e la netta distinzione tra sovrano e governo. E sono proprio gli inscindibili titolarità ed esercizio della sovranità a determinare la natura dello Stato. Quindi per R. il contratto sociale è il principio che pone a fondamento del corpo politico. E R. come Cicerone contrappone l’aggregazione non qualificata ossia la semplice moltitudine alla società., lo stesso dicasi della definizione di popolo e di “citoyens” sulla base della nozione di contratto sociale.
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b. La distinzione: “La aristocratica (sedicente rappresentazione) è la peggiore delle sovranità” ma “Il miglior governo è quello aristocratico (rappresentativo) La prima conseguenza del principio societario è il rifiuto della rappresentanza. Il rifiuto della rappresentanza non ha però niente da spartire con l’ambigua categoria di democrazia diretta. R. respinge la rappresentanza a proposito della legislazione, cioè dell’attività propria del sovrano. Per R. i “rappresentanti” sono per definizione dotati di potere e quindi necessariamente di un ambito di discrezionalità, mentre i “commissari” per definizione ne sono privi. E R. giunge non solo alla combinazione definitoria della rappresentanza con l’aristocrazia, ma anche alla contrapposizione della rappresentanza – aristocrazia nell’esercizio del potere esecutivo alla rappresentanza – aristocrazia nell’esercizio del potere legislativo. Infatti per quanto concerne il governo in termini puramente teorici, la forma migliore potrebbe essere la democrazia, cioè la coincidenza dei governati con i governanti, in concreto, però, essa non è opportuna.
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c. Il modello: il populus romano e la sua res publica La costruzione dogmatica del R. è, prima che la proposta di un nuovo tipo di Stato, la interpretazione sistematica del ius publicum romano. E’ la coerente scelta metodologica del modello rispetto al metodo della utopia. Da questo punto di vista, si spiega non solo la formale impostazione romanistica della scienza contemporanea del diritto pubblico, ma anche la presenza, nello stesso diritto, di precisi contenuti romanistica. Persino l’esame dell’elemento feudale – moderno della formula (la rappresentanza) può consentirci di verificare tale affermazione. Il rifiuto della categoria feudale della rappresentanza della volontà è, nella dottrina costituzionale del R., essenziale conseguenza negativa del principio societario. Il rifiuto della rappresentanza colloca il R. rispetto sia alla contrapposizione Germani – Romani (il feudalesimo è considerato istituto propriamente germanico), sia alla “querelle” moderni – antichi, ma sopra tutto dà ragione dell’opposizione di R. al modello costituzionale inglese. E’ la rappresentanza che, con gli
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d. La formula – concernente la sovranità -: la repubblica è essenzialmente democratica e, quindi, necessariamente non rappresentativa L’interpretazione e riproposizione del R. della categoria giuridica romana di repubblica si traducono nella formula per cui la repubblica è una forma di Stato essenzialmente democratico e quindi necessariamente non rappresentativo. Tale formula costituisce la base scientifica del costituzionalismo contemporaneo e quindi il bersaglio degli attacchi dei fautori del sistema aristocratico rappresentativo. ROBESPIERRE (RES PUBLICA contrapposta a REGNUM, la cui ADFECTATIO è delitto capitale, da qui le considerazioni svolte da ROBESPIERRE nel processo a Luigi XVI) è l’interprete acuto e fedele di questa dottrina del R. e del suo modello giuridico romano. Per contro gli attacchi si sviluppano su 2 diverse linee, a seconda che l’obiettivo sia appropriarsi della sola categoria giuridica di repubblica od anche della categoria politica di democrazia. In entrambi i casi il risultato è ottenuto attraverso la cosciente falsificazione delle categorie politiche e giuridiche antiche.
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FALSIFICAZIONE DELLE CATEGORIE ISTITUZIONALI ANTICHE: ROVESCIAMENTO DELLA FORMULA ROMANA ROUSSEAUIANA E CONFUSIONE SCIENTIFICA
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1. “Repubblica” uguale a governo rappresentativo e contrapposizione repubblica – democrazia
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a. Costituzionalisti nord americani antimonarchici ed antidemocratici: “repubblicani”. La rappresentanza istituto discretivo fra “repubblica” e democrazia
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b. KANT: perfetto rovesciamento della formula rousseauiana nella contrapposizione tra “repubblica” (cioè governo rappresentativo) e dispotismo. Compatibilità del governo “repubblicano – rappresentativo” con le varie forme di sovranità. Le repubbliche antiche non sono vere “repubbliche” perché democratiche (quindi dispotiche)
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2.“Democrazia” uguale a governo rappresentativo e nuova combinazione “repubblica – democrazia”
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a. DEMEUNIER: distinzione fra “democrazia pura” delle repubbliche antiche (che rifiuta) e “democrazia” senza aggettivi (che accetta), corrispondente alla “aristocrazia elettiva” di Inghilterra e Stati Uniti, dove il popolo agisce “tramite rappresentanti”
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b. TOCQUEVILLE: la “repubblica” nord americana come esempio di “democrazia”
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Bibliografia: |
G. Lobrano , «Res Publica res Populi - La legge e la limitazione del potere », G. Giappichelli Editore, Torino, , pp. 241. schedatura del libro |